Catone in Utica, libretto, Stoccarda, Cotta, 1754

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Alloggiamenti militari sulle rive del fiume Bagrada con varie isole che comunicano fra loro per diversi ponti.
 
 CATONE con seguito, poi MARZIA, indi ARBACE
 
 CATONE
 Romani, il vostro duce
300se mai sperò da voi prove di fede,
 oggi da voi le spera, oggi le chiede.
 MARZIA
 Nelle nuove difese
 che la tua cura aggiunge io veggio, o padre,
 segni di guerra e pur sperai vicina
305la sospirata pace.
 ARBACE
 Signor, già de' Numidi
 giunser le schiere; eccoti un nuovo pegno
 della mia fedeltà.
 CATONE
                                   Non basta Arbace
 per togliermi i sospetti.
 ARBACE
                                              Oh dei, tu credi...
 CATONE
310Sì poca fede in te. Perché mi taci
 chi a differir t'induca
 il richiesto imeneo? Perché ti cangi
 quando Cesare arriva?
 ARBACE
 Ah se fui degno mai
315dell'amor tuo, soffri l'indugio. Io giuro
 per quanto ho di più caro
 ch'è l'onor mio, ch'io ti sarò fedele.
 Il domandarti alfine
 che l'imeneo nel nuovo dì succeda
320sì gran colpa non è.
 CATONE
                                      Via, si conceda.
 Ma dentro a queste mura,
 finché sposo di lei te non rimiro,
 Cesare non ritorni.
 MARZIA
                                      (Oh dei).
 ARBACE
                                                          (Respiro).
 MARZIA
 Ma questo a noi che giova? (A Catone)
 CATONE
                                                     In simil guisa
325d'entrambi io m'assicuro.
 MARZIA
 E dovrà dilungarsi
 per sì lieve cagione affar sì grande?
 CATONE
 Marzia t'accheta. Al nuovo giorno, o prince,
 sieguan le nozze, io tel consento, intanto
330ad impedir di Cesare il ritorno
 mi porto in questo punto.
 MARZIA
 (Dei che farò!)
 
 SCENA II
 
 FULVIO e detti
 
 FULVIO
                              Signor, Cesare è giunto.
 MARZIA
 (Torno a sperar).
 CATONE
                                  Dov'è?
 FULVIO
                                                  D'Utica appena
 entrò le mura.
 ARBACE
                             (Io son di nuovo in pena).
 CATONE
335Vanne, Fulvio, al suo campo,
 digli che rieda.
 FULVIO
                               E perché mai?
 CATONE
                                                            Non rendo
 ragione altrui dell'opre mie.
 FULVIO
                                                      Ma questo
 in ogni altro che in te mancar saria
 alla publica fede. Alfin dal volgo
340non si distingue Cesare sì poco
 che sia lecito altrui prenderlo a gioco.
 CATONE
 Fulvio ammiro il tuo zelo, invero è grande.
 Ma un buon roman si accenderebbe meno
 a favor d'un tiranno.
 FULVIO
                                        Un buon roman...
 CATONE
345Non più. Da queste soglie
 Cesare parta. Io farò noto a lui
 quando giovi ascoltarlo.
 FULVIO
                                              Invan lo speri.
 Sì gran torto non soffro.
 CATONE
                                              E che farai?
 FULVIO
 Il mio dover.
 CATONE
                           Ma tu chi sei?
 FULVIO
                                                       Son io
350il legato di Roma.
 CATONE
                                   E ben, di Roma
 parta il legato.
 FULVIO
                             Sì, ma leggi pria
 che contien questo foglio e chi l'invia. (Fulvio dà a Catone un foglio)
 ARBACE
 (Marzia perché sì mesta?)
 MARZIA
 (Eh non scherzar, che da sperar mi resta). (Catone apre il foglio e legge)
 CATONE
355«Il Senato a Catone. È nostra mente
 render la pace al mondo. Ognun di noi,
 i consoli, i tribuni, il popol tutto,
 Cesare istesso il dittator la vuole.
 Servi al pubblico voto e se ti opponi
360a così giusta brama,
 suo nemico la patria oggi ti chiama».
 FULVIO
 (Che dirà!)
 CATONE
                        Perché tanto
 celarmi il foglio?
 FULVIO
                                  Era rispetto.
 MARZIA
                                                           (Arbace
 perché mesto così?)
 ARBACE
                                       (Lasciami in pace). (Rileggendo da sé)
 CATONE
365«È nostra mente... Il dittator la vuole...
 Servi al publico voto...
 Suo nemico la patria...» E così scrive
 Roma a Catone?
 FULVIO
                                 Appunto.
 CATONE
                                                     Io di pensiero
 dovrò dunque cangiarmi?
 FULVIO
                                                  Un tal comando
370improviso ti giunge.
 CATONE
                                        È ver. Tu vanne
 e a Cesare...
 FULVIO
                         Dirò che qui l'attendi,
 che ormai più non soggiorni.
 CATONE
 No, gli dirai che parta e più non torni.
 FULVIO
 Ma come!
 MARZIA
                      (Ciel!)
 FULVIO
                                     Così...
 CATONE
                                                   Così mi cangio,
375così servo a un tal cenno.
 FULVIO
 E il foglio...
 CATONE
                        È un foglio infame
 che concepì, che scrisse
 non la ragion ma la viltade altrui.
 FULVIO
 E il Senato...
 CATONE
                          Il Senato
380non è più quel di pria, di schiavi è fatto
 un vilissimo gregge.
 FULVIO
                                        E Roma...
 CATONE
                                                            E Roma
 non sta fra quelle mura, ella è per tutto
 dove ancor non è spento
 di gloria e libertà l'amor natio.
385Son Roma i fidi miei, Roma son io.
 
    Va', ritorna al tuo tiranno,
 servi pur al tuo sovrano
 ma non dir che sei romano
 finché vivi in servitù.
 
390   Se al tuo cor non reca affanno
 d'un vil giogo ancor lo scorno,
 vergognar faratti un giorno
 qualche resto di virtù. (Parte)
 
 SCENA III
 
 MARZIA, ARBACE e FULVIO
 
 FULVIO
 A tanto eccesso arriva
395l'orgoglio di Catone?
 MARZIA
                                        Ah Fulvio, e ancora
 non conosci il suo zelo? Ei crede...
 FULVIO
                                                               Ei creda
 pur ciò che vuol, conoscerà fra poco
 se di romano il nome
 degnamente conservo
400e se a Cesare sono amico o servo. (Parte)
 ARBACE
 Marzia, posso una volta
 sperar da te pietade? Io ben geloso
 eseguisco e nascondo un tuo comando
 ma tu...
 MARZIA
                  E fino a quando
405la noia ho da soffrir di questi tuoi
 rimproveri importuni? Io ti disciolgo
 d'ogni promessa, in libertà ti pongo
 di far quanto a te piace,
 di' ciò che vuoi, purché mi lasci in pace.
 ARBACE
410E acconsenti ch'io possa
 libero favellar?
 MARZIA
                               Tutto acconsento,
 purché le tue querele
 più non abbia a soffrir.
 ARBACE
                                             Marzia crudele!
 MARZIA
 Chi a tollerar ti sforza
415questa mia crudeltà? Di me ti scorda,
 ti vendica così.
 ARBACE
                              Giusto saria.
 Ma chi tutto può far quel che desia?
 
    So che pietà non hai
 e pur ti deggio amar.
420Dove apprendesti mai
 l'arte d'innamorar
 quando m'offendi?
 
    Se compatir non sai,
 se amor non vive in te,
425perché crudel, perché
 così m'accendi? (Parte)
 
 SCENA IV
 
 MARZIA, poi EMILIA, indi CESARE
 
 MARZIA
 E qual sorte è la mia? Di pena in pena,
 di timore in timor passo e non provo
 un momento di pace.
 EMILIA
                                          Alfin partito
430è Cesare da noi. Tu lo saprai,
 tu che sei tanto alla sua gloria amica.
 MARZIA
 Ecco Cesare istesso, egli tel dica. (Vedendo venir Cesare)
 EMILIA
 Che veggo!
 CESARE
                        A tanto eccesso
 giunse Catone? Ah questo è troppo. Ei brama
435che al mio campo mi renda?
 Io vo, di' che m'aspetti e si difenda. (In atto di partire)
 MARZIA
 Deh ti placa, il tuo sdegno in parte è giusto,
 il veggo anch'io, ma il padre
 a ragion dubitò, de' suoi sospetti
440m'è nota la cagion, tutto saprai.
 EMILIA
 (Numi che ascolto!)
 
 SCENA V
 
 FULVIO e detti
 
 FULVIO
                                       Ormai
 consolati, signor, la tua fortuna
 degna è d'invidia; ad ascoltarti alfine
 scende Catone. Io di favor sì grande
445la novella ti reco.
 EMILIA
                                  (Ancor costui
 mi lusinga e m'inganna).
 CESARE
                                                 E così presto
 si cangiò di pensiero?
 FULVIO
                                           Anzi il suo pregio
 è l'animo ostinato.
 Ma il popolo adunato,
450i compagni, gli amici, Utica intera
 desiosa di pace a forza ha svelto
 il consenso da lui.
 MARZIA
                                   Signor che pensi? (A Cesare)
 Una privata offesa ah non seduca
 il tuo gran cor, vanne a Catone e insieme
455tutti amici serbate
 tanto sangue latino. Al mondo intero
 del turbato riposo
 sei debitor; tu non rispondi? Almeno
 guardami, io son che priego.
 CESARE
                                                      Ah Marzia...
 MARZIA
                                                                               Io dunque
460a muoverti a pietà non son bastante?
 EMILIA
 (Più dubitar non posso, è Marzia amante).
 CESARE
 Marzia, di nuovo al padre
 vuo' chieder pace e soffrirò fintanto
 ch'io perda di placarlo ogni speranza.
465Ma se tanto s'avanza
 l'orgoglio in lui che non si pieghi, allora
 non so dirti a qual segno
 giunger potrebbe un trattenuto sdegno.
 
    Soffre talor del vento
470i primi insulti il mare
 né a cento legni e cento
 che van per l'onde chiare
 intorbida il sentier.
 
    Ma poi se il vento abbonda
475il mar s'innalza e freme
 e colle navi affonda
 tutta la ricca speme
 dell'avido nocchier. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 MARZIA, EMILIA e FULVIO
 
 EMILIA
 Lode agli dei. La fuggitiva speme
480a Marzia in sen già ritornar si vede.
 MARZIA
 Credi ciò che a te piace. Io spero intanto
 e alla speranza mia
 l'alma si fida e i suoi timori obblia.
 EMILIA
 Or va', di' che non ami, assai ti accusa
485l'esser credula tanto. È degli amanti
 questo il costume, io non m'inganno e pure
 la tua lusinga è vana
 e sei da quel che speri assai lontana.
 MARZIA
 
    In che ti offende
490se l'alma spera,
 se amor l'accende,
 se odiar non sa?
 
    Perché spietata
 pur mi vuoi togliere
495questa sognata
 felicità?
 
    Tu dell'amore
 lascia al cor mio
 come al tuo core
500lascio ancor io
 tutta dell'odio
 la libertà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 EMILIA e FULVIO
 
 FULVIO
 Tu vedi, o bella Emilia,
 che mia colpa non è, s'oggi di pace
505si ritorna a parlar.
 EMILIA
                                    (Fingiamo). Assai
 Fulvio conosco e quanto oprasti intesi.
 FULVIO
 Ora che pensi?
 EMILIA
                               A vendicarmi.
 FULVIO
                                                           E come?
 EMILIA
 Meditai ma non scelsi.
 FULVIO
                                            Al braccio mio
 tu promettesti, il sai, l'onor del colpo.
 EMILIA
510E a chi fidar poss'io
 meglio la mia vendetta?
 FULVIO
                                               Io t'assicuro
 che mancar non saprò.
 EMILIA
                                            Vedo che senti
 delle sventure mie tutto l'affanno.
 FULVIO
 (Salvo un eroe così).
 EMILIA
                                        (Così l'inganno). (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 FULVIO
 
 FULVIO
515Oh dei! Tutta sé stessa
 a me confida Emilia ed io l'inganno!
 Ah perdona mio bene
 questa frode innocente. Al tuo nemico
 io troppo deggio; è in te virtù lo sdegno,
520sarebbe colpa in me. Per mia sventura,
 se appago il tuo desio,
 l'amicizia tradisco e l'onor mio.
 
    Nascesti alle pene
 mio povero core.
525Amar ti conviene
 chi tutta rigore
 per farti contento
 ti vuole infedel.
 
    Di' pur che la sorte
530è troppo severa.
 Ma soffri, ma spera,
 ma fino alla morte
 in ogni tormento
 ti serba fedel. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Camera con sedie.
 
 CATONE e CESARE
 
 CATONE
535Cesare, a me son troppo
 preziosi i momenti e qui non voglio
 perderli in ascoltarti,
 o stringi tutto in poche note o parti. (Siede)
 CESARE
 T'appagherò. (Come m'accoglie!) Il primo (Siede)
540de' miei desiri è il renderti sicuro
 che il tuo cor generoso,
 che la costanza tua...
 CATONE
                                        Cangia favella
 se pur vuoi che t'ascolti; io so che questa
 artificiosa lode è in te fallace
545e vera ancor da' labbri tuoi mi spiace.
 CESARE
 (Sempre è l'istesso?) Ad ogni costo io voglio
 pace con te, tu scegli i patti, io sono
 ad accettargli accinto
 come faria col vincitore il vinto.
550(Or che dirà?)
 CATONE
                              Tanto offerisci?
 CESARE
                                                             E tanto
 adempirò, che dubitar non posso
 d'una ingiusta richiesta.
 CATONE
 Giustissima sarà. Lascia dell'armi
 l'usurpato comando; il grado eccelso
555di dittator deponi; e come reo
 rendi in carcere angusto
 alla patria ragion de' tuoi misfatti;
 questi, se pace vuoi, saranno i patti.
 CESARE
 Ed io dovrei...
 CATONE
                             Di rimanere oppresso
560non dubitar, che allora
 sarò tuo difensore.
 CESARE
                                     (E soffro ancora!)
 Tu sol non basti, io so quanti nemici
 con gli eventi felici
 m'irritò la mia sorte, onde potrei
565i giorni miei sagrificare invano.
 CATONE
 Ami tanto la vita e sei romano?
 In più felice etade agli avi nostri
 non fu cara così. Curzio rammenta,
 Decio rimira a mille squadre a fronte,
570vedi Scevola all'ara, Orazio al ponte.
 CESARE
 Se allor giovò di questi,
 nuocerebbe alla patria or la mia morte.
 CATONE
 Per qual ragione?
 CESARE
                                   È necessario a Roma
 che un sol comandi.
 CATONE
                                       È necessario a lei
575ch'ugualmente ciascun comandi e serva.
 CESARE
 Meglio il voler d'un solo
 regola sempre altrui. Solo fra numi
 Giove il tutto dal ciel governa e muove.
 CATONE
 Dov'è costui che rassomigli a Giove?
580Io non lo veggo e se costui vi fosse
 diverrebbe tiranno in un momento.
 CESARE
 Chi non ne soffre un sol, ne soffre cento.
 CATONE
 Così parla un nemico
 della patria e del giusto. Intesi assai,
585basti così. (S’alza)
 CESARE
                       Ferma, Catone.
 CATONE
                                                     È vano
 quanto puoi dirmi.
 CESARE
                                      Un sol momento aspetta,
 altre offerte io farò.
 CATONE
                                      Parla e t'affretta. (Torna a sedere)
 CESARE
 (Quanto sopporto!) Il combattuto acquisto
 dell'impero del mondo, il tardo frutto
590de' miei sudori e de' perigli miei
 se meco in pace sei
 dividerò con te.
 CATONE
                                Sì, perché poi
 diviso ancor fra noi
 di tante colpe tue fosse il rossore.
595E di viltà Catone
 così tentando vai?
 Posso ascoltar di più!
 CESARE
                                         (Son stanco ormai).
 Troppo cieco ti rende
 l'odio per me, meglio rifletti. Io molto
600finor t'offersi e voglio
 offrirti più. Perché fra noi sicura
 rimanga l'amistà, darò di sposo
 la destra a Marzia.
 CATONE
                                     Alla mia figlia?
 CESARE
                                                                   A lei.
 CATONE
 Ah prima degli dei
605piombi sopra di me tutto lo sdegno
 ch'io l'infame disegno
 d'opprimer Roma ad approvar m'induca
 con l'odioso nodo! Ombre onorate
 de' Bruti, de' Virgini oh come adesso
610fremerete d'orror! Che audacia, oh numi!
 E Catone l'ascolta?
 E a proposte sì ree...
 CESARE
                                        Taci una volta. (S’alzano)
 Hai cimentato assai
 la tolleranza mia. Che più degg'io
615soffrir da te? Per tuo riguardo, il corso
 trattengo a' miei trionfi; io stesso vengo
 dell'onor tuo geloso a chieder pace;
 de' miei sudati acquisti
 ti voglio a parte; offro a tua figlia in dono
620questa man vincitrice; a te cortese
 per cento offese e cento
 rendo segni d'amor, né sei contento?
 Che vorresti? Che speri?
 Che pretendi da me? Se d'esser credi
625argine alla fortuna
 di Cesare tu solo, invan lo speri.
 Han principio dal ciel tutti gl'imperi.
 CATONE
 Favorevoli agli empi
 sempre non son gli dei.
 CESARE
                                             Vedrem fra poco
630colle nostr'armi altrove
 chi favorisca il ciel. (In atto di partire)
 
 SCENA X
 
 MARZIA e detti
 
 MARZIA
                                       Cesare e dove?
 CESARE
 Al campo.
 MARZIA
                      Oh dio! T'arresta.
 Questa è la pace? (A Catone) È questa
 l'amistà sospirata? (A Cesare)
 CESARE
                                      Il padre accusa;
635egli vuol guerra.
 MARZIA
                                 Ah genitor...
 CATONE
                                                          T'accheta.
 Di costui non parlar.
 MARZIA
                                        Cesare...
 CESARE
                                                          Ho troppo
 tollerato finora.
 MARZIA
 I prieghi d'una figlia... (A Catone)
 CATONE
                                             Oggi son vani.
 MARZIA
 D'una romana il pianto... (A Cesare)
 CESARE
                                                 Oggi non giova.
 MARZIA
640Ma qualcuno a pietade almen si muova.
 CESARE
 Per soverchia pietà quasi con lui
 vile mi resi. Addio... (In atto di partire)
 MARZIA
                                         Fermati.
 CATONE
                                                            Eh lascia
 che s'involi al mio sguardo.
 MARZIA
                                                    Ah no, placate
 ormai l'ire ostinate. Assai di pianto
645costano i vostri sdegni
 alle spose latine. Assai di sangue
 costano gli odi vostri all'infelice
 popolo di Quirino. Ah non si veda
 sull'amico trafitto
650più incrudelir l'amico; ah non trionfi
 del germano il germano; ah più non cada
 al figlio che l'uccise il padre accanto;
 basti alfin tanto sangue e tanto pianto.
 CATONE
 Non basta a lui.
 CESARE
                                Non basta a me? Se vuoi (A Catone)
655v'è tempo ancor; pongo in obblio le offese,
 le promesse rinnovo;
 l'ire depongo e la tua scelta attendo.
 Chiedimi guerra o pace,
 soddisfatto sarai.
 CATONE
660Guerra, guerra mi piace.
 CESARE
                                                E guerra avrai.
 
    Fra cento squadre e cento
 mi rivedrai sul campo
 quel fasto a debellar. (A Catone)
 
 MARZIA
 
    Sospendi il tuo rigore,
665placa i trasporti suoi... (A Cesare)
 
 CATONE
 
 Nel mio fatal cimento
 di mille acciari al lampo
 non mi farai tremar. (A Cesare)
 
 MARZIA
 
    Dilegua il mio dolore
670frena li sdegni tuoi (A Catone)
 
 CESARE
 
 Che più si tarda? (A Catone)
 
 MARZIA
 
                                    Ascolta. (A Cesare)
 
 CATONE
 
 Pronto già son. (A Cesare)
 
 MARZIA
 
                               Ma senti. (A Catone)
 
 CESARE
 
 Invan tu preghi. (A Marzia)
 
 MARZIA
 
                                  Almeno... (A Cesare)
 
 CATONE
 
 Sospiri invano. (A Marzia)
 
 MARZIA
 
                                Oh numi!
 
 MARZIA, CATONE, CESARE A TRE
 
                        mia
675Nella crudel            sorte... (Ciascheduno da sé)
                        tua
 
 MARZIA, CATONE
 
 Oggi l'istessa morte...
 
 CESARE
 
 Del caro ben la morte...
 
 MARZIA, CATONE
 
 Più non mi fa
                            terror.
 
 CESARE
 
 Solo mi fa
 
 MARZIA, CATONE, CESARE A TRE
 
    Padre
    Figlia     tu fosti e sei
    Mio ben
680caggion del mio tormento.
 Troppo m'affanna oh dei... (Ciascheduno da sé)
 
 MARZIA
 
 Il fiero suo rigor!
 
 CESARE, CATONE
 
 L'acerbo suo dolor. (Parte)
 
 Fine dell’atto secondo